Lettera agli Efesini 4:1-32

4  Io dunque, prigioniero+ a motivo del Signore, vi esorto a comportarvi* in modo degno+ della chiamata che avete ricevuto,  con ogni umiltà+ e mitezza,+ con pazienza,+ sopportandovi gli uni gli altri con amore,+  sforzandovi sinceramente di mantenere l’unità dello spirito nel vincolo della pace.+  C’è un solo corpo,+ e un solo spirito,+ come del resto siete stati chiamati a una sola speranza,+ quella della vostra chiamata;  un solo Signore,+ una sola fede, un solo battesimo;  un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce mediante tutti ed è in tutti.  Ora, a ciascuno di noi è stata mostrata immeritata bontà nella misura in cui il Cristo ha elargito tale dono.+  Infatti viene detto:* “Quando è salito in alto ha portato via prigionieri; ha dato doni sotto forma di uomini”.+  Ma cosa significa l’espressione “è salito”, se non che è anche sceso giù sulla terra? 10  Colui che è sceso è lo stesso che è salito+ molto al di sopra di tutti i cieli,+ per dare pienezza a tutte le cose.* 11  E lui ha dato alcuni come apostoli,+ altri come profeti,+ altri come evangelizzatori,+ altri ancora come pastori e maestri,+ 12  per preparare i santi, per l’opera del ministero, per edificare il corpo del Cristo,+ 13  finché giungiamo tutti all’unità della fede e dell’accurata conoscenza del Figlio di Dio, al livello dell’uomo maturo,+ alla stessa statura che appartiene alla pienezza del Cristo.+ 14  Così non saremo più bambini, sballottati dalle onde e portati qua e là da ogni vento d’insegnamento+ per mezzo dell’inganno degli uomini, per mezzo di stratagemmi escogitati con astuzia. 15  Al contrario, dicendo la verità sforziamoci di crescere in ogni cosa, spinti dall’amore, verso colui che è il capo, Cristo.+ 16  Grazie a lui tutto il corpo+ è armoniosamente unito e le sue membra collaborano insieme, con l’apporto di ogni giuntura. Quando ciascun membro funziona a dovere, il corpo cresce edificandosi nell’amore.+ 17  Questo è dunque ciò che dico e attesto nel Signore: non comportatevi* più come si comportano le nazioni+ nella vanità dei loro pensieri.+ 18  La loro mente è ottenebrata e sono lontane dalla vita che appartiene a Dio, a causa dell’ignoranza che è in loro e dell’insensibilità del loro cuore. 19  Avendo perso ogni senso morale, si sono abbandonate a un comportamento sfrontato+ per praticare con avidità ogni sorta di impurità.+ 20  Ma voi non avete imparato che il Cristo sia così, 21  se davvero lo avete ascoltato e siete stati istruiti mediante lui, secondo la verità che è in Gesù. 22  A voi è stato insegnato a spogliarvi della vecchia personalità+ che si conforma alla vostra condotta di un tempo e che si corrompe seguendo i suoi desideri ingannevoli,+ 23  a continuare a rinnovarvi nel modo di pensare+ 24  e a rivestirvi della nuova personalità+ che è stata creata secondo la volontà di Dio in vera giustizia e lealtà. 25  Perciò, ora che avete allontanato la falsità, ciascuno dica la verità al suo prossimo,+ perché siamo membra legate le une alle altre.+ 26  Adiratevi ma non peccate;+ il sole non tramonti mentre siete ancora in collera,+ 27  e non lasciate spazio al Diavolo.+ 28  Chi ruba non rubi più;+ piuttosto fatichi, lavorando onestamente con le sue mani+ in modo da avere qualcosa da dare a chi è nel bisogno.+ 29  Non esca dalla vostra bocca nessuna parola corrotta,+ ma solo parole buone che edifichino secondo la necessità e facciano bene a chi le ascolta.+ 30  E non rattristate lo spirito santo di Dio+ che avete ricevuto come un sigillo+ per il giorno della liberazione mediante riscatto.+ 31  Abbandonate ogni amaro rancore,+ collera e ira, le urla e il linguaggio offensivo,+ così come ogni cattiveria.+ 32  Siate premurosi* gli uni con gli altri, mostrando tenera compassione+ e perdonandovi a vicenda senza riserve proprio come Dio, mediante Cristo, ha perdonato voi senza riserve.+

Note in calce

O “camminare”.
O forse “egli dice”.
O “per portare a compimento tutte le cose”.
O “non camminate”.
O “benigni”.

Approfondimenti

umiltà Questa qualità è il contrario dell’orgoglio o dell’arroganza. L’umiltà è evidente nel modo in cui una persona considera sé stessa in relazione a Dio e agli altri. Non è indice di debolezza, ma di una condizione mentale che piace a Geova. I cristiani che sono veramente umili riescono a collaborare in modo unito (Ef 4:2; Flp 2:3; Col 3:12; 1Pt 5:5). Il sostantivo greco tapeinofrosỳne, qui tradotto “umiltà”, deriva dal verbo tapeinòo, “rendere basso”, e dal sostantivo frèn, “mente”. Potrebbe quindi essere reso alla lettera “modestia di mente”. Il termine affine tapeinòs è reso “modesto” in Mt 11:29 e “umili” in Gc 4:6; 1Pt 5:5. (Vedi approfondimento a Mt 11:29.)

umiltà O “modestia di mente”. (Vedi approfondimento ad At 20:19.)

mantenere l’unità dello spirito Il cristiano che mette in pratica queste parole permette allo spirito di Dio di operare su di lui e di produrne il frutto. “Lo spirito che proviene da Dio” è un potente collante (1Co 2:12; Gal 5:22, 23). Nel versetto precedente Paolo ha appena menzionato umiltà, mitezza, pazienza e amore, qualità che contribuiscono all’unità.

nel vincolo della pace Il termine greco tradotto “vincolo” letteralmente indica qualcosa che collega, un legame. Viene usato in questo senso in Col 2:19, dove è reso “legamenti”, cioè le formazioni di tessuto fibroso che uniscono un osso a un altro. Proprio come un legamento, la pace crea un legame duraturo che unisce i componenti della congregazione. Questa pace non è solo assenza di conflitti; si basa sull’amore e sull’impegno necessario per mantenerla (Ef 4:2). Paolo usa lo stesso termine greco in Col 3:14, dove definisce l’amore “un legame che unisce perfettamente”.

un solo [...], un solo [...], una sola Nella lettera agli Efesini Paolo sottolinea l’importanza dell’unità. Qui nel capitolo 4, nei vv. 4-6, fa un elenco di fattori che uniscono la congregazione cristiana degli unti.

un solo corpo Cioè la congregazione cristiana, paragonata al corpo umano. Gesù Cristo è il “capo” di questo corpo spirituale (Ef 1:22, 23).

un solo spirito Cioè lo spirito santo di Dio (1Co 12:13; 2Co 5:5).

una sola speranza In questo contesto l’espressione si riferisce in modo specifico alla speranza celeste dei cristiani unti (Eb 3:1). Quando questi presteranno servizio in cielo quali re e sacerdoti, comunque, tutta l’umanità che desidera servire Dio ed esercita fede “sarà liberata dalla schiavitù della corruzione e avrà la gloriosa libertà dei figli di Dio” (Ro 8:20, 21, 24).

battesimo di Giovanni Questo battesimo era una pubblica dimostrazione del pentimento per i peccati commessi contro la Legge che Geova aveva dato a Mosè, Legge che gli ebrei avevano accettato di seguire (Eso 24:7, 8). Il battesimo di Giovanni, comunque, non fu più in vigore a partire dalla Pentecoste del 33, quando il patto della Legge smise di essere valido (Ro 10:4; Gal 3:13; Ef 2:13-15; Col 2:13, 14). Da quel momento in poi, l’unico battesimo approvato da Geova fu quello che Gesù aveva ordinato ai suoi discepoli di compiere (Mt 28:19, 20). Gli avvenimenti qui descritti che coinvolsero Apollo si verificarono all’incirca nel 52.

un solo Signore Cioè Gesù Cristo (1Co 8:6).

una sola fede Cioè l’unico modo di adorare Dio che gli è gradito. Questa fede si basa sul messaggio relativo a Cristo che i cristiani predicano (Gv 3:16; 4:23, 24; Ro 10:16, 17; 2Co 4:13).

un solo battesimo Gli efesini avevano imparato che la loro unità dipendeva dal “solo battesimo” compiuto “nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo” (Mt 28:19, 20). Durante il suo terzo viaggio missionario Paolo aveva incontrato a Efeso alcuni che erano stati battezzati “con il battesimo di Giovanni”, ma a quanto pare dopo che questo battesimo aveva smesso di essere valido. (Vedi approfondimento ad At 18:25.) Benché conoscessero Dio, non sapevano nulla del battesimo cristiano. Paolo aveva parlato loro di Cristo e dello spirito santo; dopodiché “furono battezzati nel nome del Signore Gesù” (At 19:1-6). In questo modo si poterono unire a tutti i cristiani battezzati che servivano Geova a Efeso e altrove.

un solo Dio e Padre di tutti Cioè Geova Dio (De 6:4).

immeritata bontà Vedi Glossario.

sorveglianti Il termine greco per “sorvegliante”, epìskopos, è affine al verbo episkopèo, che può essere reso “stare attenti” (Eb 12:15), e al sostantivo episkopè, che può essere reso “ispezione” (Lu 19:44, Kingdom Interlinear; 1Pt 2:12), “essere sorvegliante” (1Tm 3:1) o “incarico di sorveglianza” (At 1:20). Quindi epìskopos si riferisce a chi sorveglia i componenti della congregazione facendo visite, ispezionando e provvedendo guida. Un’idea fondamentale insita nel termine greco è quella di sorveglianza protettiva. Nella congregazione cristiana i sorveglianti hanno la responsabilità di curare la condizione spirituale dei loro fratelli. Qui Paolo chiama “sorveglianti” gli “anziani” della congregazione di Efeso (At 20:17). E nella sua lettera a Tito usa il termine “sorvegliante” quando descrive i requisiti degli “anziani” della congregazione cristiana (Tit 1:5, 7). Presbỳteros ed epìskopos si riferiscono quindi allo stesso ruolo: presbỳteros addita la maturità di colui che è nominato tale, mentre epìskopos i doveri attinenti all’incarico. Questo brano relativo all’incontro tra Paolo e gli anziani di Efeso mostra chiaramente che in quella congregazione c’era più di un anziano. Il numero di sorveglianti per ogni singola congregazione non era predeterminato: dipendeva da quanti uomini in una data congregazione erano spiritualmente maturi e quindi idonei come “anziani”. Inoltre, quando scrisse ai cristiani di Filippi, Paolo menzionò i “sorveglianti” locali (Flp 1:1), il che indica che a sorvegliare l’andamento di quella congregazione c’era un corpo composto da più persone. (Vedi approfondimento ad At 1:20.)

doni sotto forma di uomini O “doni consistenti in uomini”, “uomini come doni”. Qui Paolo fa riferimento a Sl 68:18, dove Davide ringrazia Geova per la conquista di Gerusalemme. Geova era simbolicamente “salito in alto” conquistando la città in cima al monte Sion. Inoltre aveva dato agli israeliti dei prigionieri presi tra coloro che erano stati assoggettati, uomini forti che poi erano diventati utili lavoratori. Sotto ispirazione Paolo applica questo salmo profetico a Gesù che agisce come conquistatore a favore della congregazione cristiana (Ef 4:10). Dopo essere “salito in alto” ascendendo al cielo, Gesù aveva ricevuto una grande autorità (Mt 28:18; Ef 1:20, 21). La utilizzò per portare all’interno della sua congregazione uomini capaci, “doni sotto forma di uomini”, che potessero servire in qualità di amorevoli pastori e sorveglianti del gregge di Dio (Ef 4:11; vedi approfondimento ad At 20:28; confronta Isa 32:1, 2).

è salito molto al di sopra di tutti i cieli Quando fu risuscitato e andò in cielo, Gesù fu innalzato a una posizione superiore a quella di qualsiasi altra creatura celeste (Ef 1:20-23; Flp 2:9-11).

evangelizzatore Il termine greco euaggelistès, qui reso “evangelizzatore”, significa fondamentalmente “uno che proclama buone notizie”. (Vedi approfondimento a Mt 4:23.) A tutti i cristiani è affidato l’incarico di proclamare la buona notizia (Mt 24:14; 28:19, 20; At 5:42; 8:4; Ro 10:9, 10), ma dal contesto dei tre versetti in cui ricorre questo termine greco si evince che “evangelizzatore” può essere usato con un significato speciale (At 21:8; Ef 4:11; nt.; 2Tm 4:5; nt.). Ad esempio, quando è utilizzato in riferimento a una persona che dà il via all’opera di predicazione della buona notizia in un luogo in cui non è mai stata predicata, il termine greco può anche essere reso “missionario”. Dopo la Pentecoste, Filippo diede inizio con grande successo all’opera di predicazione nella città di Samaria. Inoltre, un angelo gli ordinò di predicare la buona notizia riguardo a Cristo a un eunuco etiope, che fu da lui battezzato. Quindi lo spirito lo condusse ad Asdod perché predicasse in quella città e, da lì fino a Cesarea, in tutte le città che avrebbe attraversato (At 8:5, 12, 14, 26-40). Circa 20 anni dopo, quando si verificò ciò che è riportato qui in At 21:8, Filippo era ancora chiamato “l’evangelizzatore”.

evangelizzatori La parola greca usata qui da Paolo fondamentalmente significa “predicatore, o divulgatore, di una buona notizia”. È affine al termine greco reso “vangelo” o “buona notizia”, e nelle Scritture Greche Cristiane compare solo qui e in altri due versetti (2Tm 4:5; vedi approfondimento ad At 21:8). L’incarico di proclamare la buona notizia è affidato a tutti i cristiani (Mt 24:14; 28:19, 20). Ma sembra che qui Paolo usi il sostantivo “evangelizzatori” in modo particolare, con il senso di “missionari”, come lo erano ad esempio lui, Timoteo, Barnaba e Sila. Tutti loro viaggiarono molto, percorrendo lunghe distanze, per dare il via all’opera di predicazione in luoghi in cui la buona notizia non era ancora mai arrivata (At 13:2-4; 15:40, 41; 16:3, 4).

facciate i cambiamenti necessari O “vi correggiate”. Il termine che compare nell’originale, katàrtisis, è presente solo in questo punto delle Scritture Greche Cristiane. Questo e altri termini affini sono usati per descrivere l’azione di riportare qualcosa nella giusta condizione. Ad esempio, in Mt 4:21 viene impiegato il verbo katartìzo in relazione al “riparare” le reti. In Gal 6:1 lo stesso verbo è usato nel senso di correggere spiritualmente un compagno di fede che ha fatto un passo falso. In Ef 4:12 compare il sostantivo affine katartismòs, reso “preparare” (o “aiutare a fare i cambiamenti necessari”), sostantivo che a volte era usato in testi medici in riferimento a rimettere a posto un osso, un arto oppure un’articolazione.

per preparare i santi O “per aiutare i santi a fare i cambiamenti necessari”. In greco in questa espressione compare il sostantivo katartismòs, che si riferisce all’azione di riportare qualcosa nella giusta condizione, rimetterlo al proprio posto. Potrebbe anche trasmettere l’idea di preparare qualcuno per un incarico. A volte era usato in testi medici in riferimento a rimettere a posto un osso, un arto oppure un’articolazione. (Vedi approfondimento a 2Co 13:9.) Gesù preparò “i santi” per “l’opera del ministero” facendo in modo che i loro pensieri, i loro atteggiamenti e i loro comportamenti fossero in armonia con il pensiero e la volontà di Dio. Lo fece servendosi di “doni sotto forma di uomini” che diede alla congregazione, ovvero sorveglianti nominati dallo spirito (Ef 4:8, 11, 12; 1Co 16:15-18; 2Tm 2:2; Tit 1:5).

conoscenza accurata Nelle Scritture Greche Cristiane ci sono due termini comunemente tradotti “conoscenza”: gnòsis ed epìgnosis. Entrambi derivano dal verbo ginòsko (“conoscere”, “comprendere”). Epìgnosis, il termine usato qui, è una forma intensiva di gnòsis (epì letteralmente significa “sopra” ma in questo caso trasmette l’idea di “ulteriore”, “aggiuntivo”). Spesso epìgnosis significa, come risulta dal contesto, “conoscenza piena, autentica o esatta”. Qui Paolo lo usa per mostrare che lo zelo dei suoi connazionali, gli ebrei, era rivolto nella direzione sbagliata. Non si fondava su una corretta comprensione della volontà di Dio rivelata tramite Gesù, il promesso Messia.

finché giungiamo tutti Questa espressione lascia intendere che tutti i cristiani devono impegnarsi per raggiungere l’obiettivo di diventare maturi ed essere uniti ai compagni di fede. (Vedi l’approfondimento maturo in questo versetto.)

unità della fede Questa espressione si riferisce al fatto che la fede dei cristiani si basa sulle stesse convinzioni e gli stessi insegnamenti (Ef 4:5; Col 1:23; 2:7).

accurata conoscenza Nelle Scritture Greche Cristiane ci sono due termini comunemente tradotti “conoscenza”: gnòsis ed epìgnosis. Epìgnosis, il termine usato qui, è una forma intensiva di gnòsis (epì letteralmente significa “sopra” ma in questo caso trasmette l’idea di “ulteriore”, “aggiuntivo”). In base al contesto può significare “conoscenza piena, autentica o esatta”. (Vedi approfondimento a Ro 10:2.) Qui Paolo lo usa per mostrare che il cristiano maturo deve raggiungere, non individualmente ma unitamente ai suoi compagni di fede, una conoscenza piena del Figlio di Dio, Cristo Gesù (1Co 1:24, 30; Ef 3:18; Col 2:2, 3; 2Pt 1:8; 2:20).

maturo Paolo esorta i cristiani di Efeso a diventare spiritualmente “maturi” (1Co 14:20). L’obiettivo che dovevano avere era quello di giungere alla stessa statura che appartiene alla pienezza del Cristo, ovvero di crescere spiritualmente fino a diventare adulti, vivendo in armonia con l’accurata conoscenza del Figlio di Dio. In questo modo non sarebbero stati facilmente influenzati da idee errate e falsi insegnamenti. La congregazione, il modo stesso in cui era strutturata (con i suoi apostoli, profeti, evangelizzatori, pastori e maestri), li avrebbe aiutati a raggiungere quella statura spirituale (Ef 4:11-14).

per mezzo dell’inganno degli uomini L’espressione originale, che compare solo qui nelle Scritture Greche Cristiane, alla lettera significa “nel dado degli uomini”. Questa antica frase idiomatica alludeva all’abitudine di barare al gioco dei dadi. (Vedi Galleria multimediale, “I dadi”.) Qui Paolo incoraggia i cristiani di Efeso a non essere bambini, cioè spiritualmente immaturi. Per mancanza di esperienza e giudizio, coloro che rimangono spiritualmente bambini potrebbero farsi influenzare dall’“inganno degli uomini” e così non riuscire a fare progresso spirituale. Geova ha provveduto “doni sotto forma di uomini” per proteggere i cristiani dai falsi maestri e dai loro inganni (Ef 4:8; vedi App. A1).

dicendo la verità Il verbo greco che traduce questa espressione ha un significato ampio e potrebbe anche essere reso “essendo veritieri”. Per questo motivo alcune Bibbie gli danno il senso di “vivere la verità” o “agire secondo verità”. Qui Paolo delinea un netto contrasto tra il comportamento dei veri cristiani e le astuzie, gli inganni e gli stratagemmi dei falsi maestri smascherati nel v. 14. Un concetto simile è espresso nel v. 25, che sembra essere una citazione di Zac 8:16. Geova richiede che i suoi servitori sostengano sempre la verità sia con le azioni che con le parole, e le sue norme al riguardo non sono mai cambiate (Le 19:11; Pr 19:9).

con le sue parti ben collegate Questa espressione sottolinea l’importanza dell’unità nella congregazione cristiana. (Vedi “Introduzione a Efesini”.) Tutti i credenti, sia ebrei che non ebrei, potevano accostarsi a Geova in unità e avere lo spirito santo; insieme facevano parte di un tempio spirituale, “un luogo che Dio [abita] mediante lo spirito” (Ef 2:22). In Ef 4:16, nel paragonare la congregazione cristiana a un corpo fisico, Paolo usa nell’originale la stessa espressione, lì resa “armoniosamente unito”.

mediante giunture e legamenti Il corpo umano è tenuto insieme da grandi giunture, o articolazioni principali. Ha anche dei “legamenti”, formazioni di tessuto fibroso che tengono unite le ossa o mantengono al proprio posto gli organi. Secondo alcuni studiosi, questo uso di termini medici potrebbe in parte essere attribuito al fatto che, quando la lettera ai Colossesi fu scritta, con Paolo c’era Luca, “l’amato medico” (Col 4:14). Il termine qui reso “legamenti” (sỳndesmos) è usato in senso metaforico anche in Ef 4:3 (“vincolo”) e Col 3:14 (“legame che unisce”).

è armoniosamente unito Paolo usa un verbo greco che in questo contesto sottolinea l’armonia che contraddistingue il corpo umano, benché costituito da molte membra diverse. Ogni singola parte che lo compone contribuisce al suo benessere. In modo simile i cristiani nella congregazione collaborano insieme sotto la guida del loro capo, Cristo (Ef 1:22, 23; 4:4, 15). Quando tutti cooperano in armonia, continuando a seguire la guida di Cristo, la congregazione cresce spiritualmente e conserva l’amore che la caratterizza (1Co 12:14-27; Col 2:19; 3:14). Paolo usa lo stesso verbo greco in Ef 2:21 (vedi approfondimento), dove parla della congregazione come di un edificio “con le sue parti ben collegate”.

collaborano insieme Secondo un lessico il verbo greco significa “congiungere”, “tenere insieme”, “unire”.

ogni giuntura Il corpo umano è tenuto insieme da grandi giunture, o articolazioni principali. “Con l’apporto di ogni giuntura” del corpo (la congregazione cristiana degli unti), Gesù Cristo fornisce alle varie membra quello di cui hanno bisogno. Lo fa attraverso le disposizioni prese per distribuire cibo spirituale, per comunicare all’interno della congregazione e per coordinarne le varie attività. In questo modo “il corpo” è ben nutrito spiritualmente, e ogni sua parte riceve le indicazioni necessarie per svolgere l’incarico ricevuto (Ef 4:7-16; vedi approfondimento a Col 2:19). Il termine usato da Paolo per “giuntura” era comunemente usato dai medici del suo tempo. Scoperte archeologiche attestano la presenza di una scuola di medicina a Efeso, e fu forse per questo motivo che Paolo ricorse all’analogia con il corpo umano.

futilità O “vanità”, “nullità”, “caducità”. Il termine greco che ricorre qui è usato nella Settanta per tradurre l’ebraico hèvel (che letteralmente contiene l’idea di un fugace “alito” o “vapore”). Il termine ebraico ricorre più di 35 volte nel libro di Ecclesiaste in espressioni come “vanità delle vanità” e “tutto è vanità” (Ec 1:2; 2:17; 3:19; 12:8). Lo scrittore di Ecclesiaste, Salomone, a volte usa questo termine facendo un parallelismo con l’espressione “un correre dietro al vento” (Ec 1:14; 2:11). Nel contesto di Ro 8:20, Paolo descrive un insieme di sforzi vani, ma menziona anche la speranza che Dio libererà la creazione, cioè l’umanità, dalla “futilità” a cui è stata sottoposta finora (Ro 8:21).

come si comportano le nazioni nella vanità dei loro pensieri Lett. “come camminano le nazioni nella futilità [o “nullità”] della loro mente”. Secondo un lessico, il pensiero espresso qui è che le persone delle nazioni “camminano con la mente rivolta a cose futili”. Questo però provoca solo frustrazione e delusione, il che costituisce uno dei motivi per cui Paolo esorta i cristiani con queste parole: “Non comportatevi più come si comportano le nazioni”. (Per ulteriori informazioni sul termine greco qui reso “vanità”, vedi l’approfondimento a Ro 8:20, dove è tradotto “futilità”.)

La loro mente è ottenebrata Qui Paolo parla dei non credenti, ma il suo commento non si riferisce alla loro intelligenza. Nella Bibbia la mancanza di intendimento, soprattutto dal punto di vista spirituale, è spesso paragonata alle tenebre, al buio (Gb 12:24, 25; Isa 5:20; 60:2; Gv 8:12; 2Co 4:6; Ef 1:17, 18; 5:8, 11; 1Pt 2:9; 1Gv 2:9-11). La “mente” di coloro che non hanno imparato a conoscere Geova Dio e Gesù Cristo è “ottenebrata” perché non hanno nessuna luce che li guidi o che indirizzi le loro azioni (Gv 17:3; Ro 1:21, 28; 2Co 4:4).

vita che appartiene a Dio Secondo un dizionario biblico, il termine greco qui reso “vita” significa “vita in senso assoluto, come concetto”. (Per indicare “vita” nel senso di modo di vivere, o stile di vita, in greco viene usato un altro termine. Vedi ad esempio 1Tm 2:2.) Paolo pertanto sta dicendo che a motivo delle tenebre spirituali e mentali le persone sono lontane da Geova, cioè sono state separate da Colui che è la Fonte della vita e a cui dobbiamo la speranza della vita eterna (Sl 36:9; Ro 1:21; Gal 6:8; Col 1:21).

insensibilità O “intorpidimento”. Lett. “indurimento”. Metaforicamente, il cuore di coloro che hanno assorbito il modo di pensare e lo spirito di questo mondo ingiusto è indifferente, intorpidito (1Co 2:12; Ef 2:2; 4:17). Perciò queste persone non hanno alcun desiderio di conoscere Dio. Il sostantivo greco qui reso “insensibilità” deriva da un termine medico che tra le altre cose descrive la pelle che si è indurita ed è diventata insensibile per la formazione di un callo. Qui viene usato per descrivere il modo in cui il cuore simbolico può pian piano indurirsi e diventare insensibile nei confronti di Dio.

comportamento sfrontato O “comportamento spudorato”, “sfrenatezza”. Per come è usato nella Bibbia, il termine greco asèlgeia si riferisce a un comportamento che viola seriamente le leggi di Dio e che scaturisce da un atteggiamento insolente, irrispettoso e sfacciato. Compare 10 volte nelle Scritture Greche Cristiane (Mr 7:22; Ro 13:13; 2Co 12:21; Gal 5:19; Ef 4:19; 1Pt 4:3; 2Pt 2:2, 7, 18; Gda 4). Un lessico definisce asèlgeia “depravazione, licenziosità, dissolutezza, ovvero [l’essere] senza freni negli atteggiamenti e nei comportamenti morali”. Nelle sue Antichità giudaiche (VIII, 318 [xiii, 1]), Giuseppe Flavio usò questo termine per descrivere la pagana regina Izebel nell’occasione in cui eresse a Gerusalemme un santuario in onore di Baal. Quello fu un atto oltraggioso con cui sfacciatamente si fece beffe dell’opinione pubblica e della pubblica decenza. (Vedi Glossario.)

impurità O “depravazione”, “impudicizia”, “sudiciume”. Tra i termini originali usati per le prime tre “opere della carne”, quello reso “impurità” (akatharsìa) è il più ampio. Compare 10 volte nelle Scritture Greche Cristiane. In senso letterale si riferisce a qualcosa che è fisicamente sporco (Mt 23:27). In senso metaforico include qualsiasi specie di impurità, sia nella sfera sessuale sia nel parlare, nell’agire o nell’ambito spirituale, come nel caso del culto di falsi dèi (Ro 1:24; 6:19; 2Co 6:17; 12:21; Ef 4:19; 5:3; Col 3:5; 1Ts 2:3; 4:7). “Impurità” può quindi riferirsi a diversi tipi di trasgressione, che possono essere più o meno gravi. (Vedi approfondimento a Ef 4:19.) Dà risalto alla natura moralmente ripugnante di una condotta sbagliata o della condizione che ne consegue. (Vedi Glossario, “impuro, impurità”.)

avidità O “concupiscenza”. Alla lettera il sostantivo greco pleonexìa porta in sé l’idea di “avere in abbondanza”, e denota un insaziabile desiderio di avere di più. Questo termine greco compare anche in Ef 4:19; 5:3, e in Col 3:5, dove dell’avidità Paolo dice “che è idolatria”.

Avendo perso ogni senso morale Questa espressione rende un verbo greco che letteralmente si potrebbe tradurre “avendo cessato di provare dolore”. Qui è usato in senso metaforico per descrivere chi è insensibile dal punto di vista etico o morale. Una persona del genere non prova alcun dolore nel senso che non ha più rimorsi di coscienza e non si sente più responsabile agli occhi di Dio (1Tm 4:2).

comportamento sfrontato O “comportamento spudorato”. Il termine greco asèlgeia si riferisce a un comportamento che viola seriamente le leggi di Dio e riflette un atteggiamento insolente e spudoratamente irrispettoso. (Vedi Glossario e approfondimento a Gal 5:19.)

ogni sorta di impurità Il termine greco reso “impurità” (akatharsìa) ha un significato ampio. Qui è usato in senso metaforico per indicare qualsiasi specie di impurità, sia nella sfera sessuale sia nel parlare, nell’agire o nell’ambito spirituale. (Confronta 1Co 7:14; 2Co 6:17; 1Ts 2:3.) Dà risalto alla natura moralmente ripugnante di una condotta sbagliata o della condizione che ne consegue. (Vedi approfondimento a Gal 5:19.) Aggiungendo l’espressione con avidità — il termine greco reso “avidità” (pleonexìa) denota un insaziabile desiderio di avere di più — Paolo fa capire che nel termine “impurità” rientra una gamma di peccati più o meno gravi. (Vedi approfondimento a Ro 1:29.)

uomo spirituale Lett. “lo spirituale”. Qui Paolo mette in contrasto l’uomo spirituale con l’“uomo fisico” di cui si parla nel versetto precedente. (Vedi approfondimento a 1Co 2:14.) Una persona spirituale dà valore alle cose spirituali e si lascia guidare dallo spirito di Dio. Considera Dio una persona reale e cerca di imitare il suo esempio (Ef 5:1). Si impegna a vedere le cose come le vede Dio e vive secondo le sue norme. La persona spirituale esamina, o riconosce chiaramente, il comportamento sbagliato dell’uomo fisico.

continuare a rinnovarvi Il verbo originale è al presente, tempo verbale che esprime un’azione durativa. Questo indica che cambiare modo di pensare è un processo continuo (Flp 3:12, 13).

nel modo di pensare O “nella forza che fa operare la mente”. L’espressione originale letteralmente significa “nello spirito della mente”. Qui con il termine “spirito” si intende la forza che spinge una persona a dire o a fare le cose in un certo modo. (Vedi Glossario, “spirito”.) Quindi lo “spirito della mente” è la forza che influenza e plasma il modo di pensare di una persona, compresi mentalità, desideri e motivazioni. Essendo imperfetti, gli esseri umani sono inclini a pensare in modo errato, e questo spinge i loro pensieri verso una direzione materialistica, fisica o carnale (Gen 8:21; Ec 7:20; Col 1:21; 2:18). Chi desidera diventare cristiano deve rinnovare il proprio “modo di pensare” così che la forza che agisce su di lui spinga i suoi pensieri nella direzione giusta perché siano in armonia con quelli di Dio. (Vedi approfondimento a 1Co 2:15.) Poi, dopo esser diventato cristiano, deve “continuare a [rinnovare il suo] modo di pensare” studiando la Bibbia e permettendo allo spirito di Dio di agire su di lui.

il frutto dello spirito O “ciò che lo spirito produce”. Il sostantivo originale per “frutto” è karpòs, termine tipico del mondo agricolo che si ritrova spesso nelle Scritture. Qui è usato metaforicamente in riferimento alle qualità che lo spirito santo di Dio, cioè la sua potenza in azione, può produrre negli esseri umani (Gal 5:16). Proprio come un albero porta frutto quando viene coltivato a dovere, una persona produce “il frutto dello spirito” quando permette allo spirito di influire sul suo modo di pensare e di agire. (Confronta Sl 1:1-3.) Le qualità che ne scaturiscono riflettono la personalità di Geova Dio, la Fonte dello spirito santo (Col 3:9, 10). L’elenco fatto nei vv. 22, 23 non ha la pretesa di abbracciare tutte le qualità che lo spirito santo produce nei cristiani. (Vedi approfondimento a Gal 5:23.) L’insieme di queste qualità caratterizza la nuova personalità (Ef 4:24). Paolo qui usa il singolare di karpòs, cioè “frutto”, non “frutti”. Alcuni biblisti fanno notare che questo uso del singolare lascerebbe intendere che le belle qualità specificamente menzionate formano un tutt’uno: sono tutte importanti da coltivare, e nessuna può esistere separata dalle altre.

continuare a rinnovarvi Il verbo originale è al presente, tempo verbale che esprime un’azione durativa. Questo indica che cambiare modo di pensare è un processo continuo (Flp 3:12, 13).

nel modo di pensare O “nella forza che fa operare la mente”. L’espressione originale letteralmente significa “nello spirito della mente”. Qui con il termine “spirito” si intende la forza che spinge una persona a dire o a fare le cose in un certo modo. (Vedi Glossario, “spirito”.) Quindi lo “spirito della mente” è la forza che influenza e plasma il modo di pensare di una persona, compresi mentalità, desideri e motivazioni. Essendo imperfetti, gli esseri umani sono inclini a pensare in modo errato, e questo spinge i loro pensieri verso una direzione materialistica, fisica o carnale (Gen 8:21; Ec 7:20; Col 1:21; 2:18). Chi desidera diventare cristiano deve rinnovare il proprio “modo di pensare” così che la forza che agisce su di lui spinga i suoi pensieri nella direzione giusta perché siano in armonia con quelli di Dio. (Vedi approfondimento a 1Co 2:15.) Poi, dopo esser diventato cristiano, deve “continuare a [rinnovare il suo] modo di pensare” studiando la Bibbia e permettendo allo spirito di Dio di agire su di lui.

nuova personalità Oltre a spogliarsi della “vecchia personalità” (lett. “vecchio uomo”) con il suo modo di vivere sbagliato (v. 22), il cristiano deve operare una vera trasformazione rivestendo la “nuova personalità” (lett. “nuovo uomo”). Questa nuova personalità deve essere creata secondo la volontà di Dio, deve cioè riflettere la personalità ed essere “a immagine” di Geova Dio (Col 3:9, 10). Lui vuole che i suoi servitori si conformino alla sua immagine e imitino le sue belle qualità, come quelle elencate in Gal 5:22, 23. (Vedi approfondimenti a Gal 5:22; Ef 4:23.)

prossimo Il sostantivo greco qui reso “prossimo” significa “vicino”, ma non si riferisce solo a chi vive nelle vicinanze; può riferirsi a qualunque persona con cui ci si trova a interagire (Lu 10:29-37; Ro 13:8-10; vedi approfondimento a Mt 5:43).

con indignazione, molto addolorato Marco è l’unico a mettere per iscritto la reazione di Gesù di fronte all’insensibilità del cuore dei capi religiosi in questa occasione (Mt 12:13; Lu 6:10). Questa vivida descrizione dei sentimenti di Gesù potrebbe essere riconducibile a Pietro, anche lui uomo dalla grande sensibilità. (Vedi “Introduzione a Marco”.)

Adiratevi Paolo cita Sl 4:4 e dimostra che non è sbagliato che i cristiani provino rabbia. Sia Geova che Gesù esprimono ira di fronte a malvagità e ingiustizie, ma la loro ira è sempre bilanciata da giustizia e perfetta capacità di giudizio (Ez 38:18, 19; vedi approfondimento a Mr 3:5). Anche i cristiani possono giustamente provare rabbia, ma Paolo dice: non peccate. I cristiani infatti non si lasciano andare a scoppi d’ira incontrollata, linguaggio offensivo o violenza (Ef 4:31). Sl 4:4 consiglia ai servitori di Dio di sfogarsi, ma con lui in preghiera, parlandogli di cosa li ha fatti arrabbiare e di come si sentono.

il sole non tramonti mentre siete ancora in collera Per gli ebrei il tramonto segnava la fine di un giorno e l’inizio del successivo. Quindi qui Paolo avverte di non permettere alla rabbia di crescere lasciando passare la giornata. Anche Gesù mise in guardia i suoi discepoli dal continuare a essere adirati con qualcuno (Mt 5:22). A lungo andare la rabbia può causare amarezza, rancore e divisioni nei rapporti con gli altri, sia all’interno che all’esterno della congregazione (Le 19:18; Sl 36:4; Gal 5:19-21). Paolo dà pratici consigli per aiutare i cristiani a risolvere i problemi subito, se possibile anche lo stesso giorno (Ro 12:17-21; Ef 4:2, 3).

Adiratevi Paolo cita Sl 4:4 e dimostra che non è sbagliato che i cristiani provino rabbia. Sia Geova che Gesù esprimono ira di fronte a malvagità e ingiustizie, ma la loro ira è sempre bilanciata da giustizia e perfetta capacità di giudizio (Ez 38:18, 19; vedi approfondimento a Mr 3:5). Anche i cristiani possono giustamente provare rabbia, ma Paolo dice: non peccate. I cristiani infatti non si lasciano andare a scoppi d’ira incontrollata, linguaggio offensivo o violenza (Ef 4:31). Sl 4:4 consiglia ai servitori di Dio di sfogarsi, ma con lui in preghiera, parlandogli di cosa li ha fatti arrabbiare e di come si sentono.

non lasciate spazio al Diavolo O “non date una buona occasione al Diavolo”. Questa espressione rende più efficaci le parole di Paolo relative alla pericolosità dell’essere arrabbiati per troppo tempo. (Vedi approfondimento a Ef 4:26.) Se un cristiano permette che rabbia o altri sentimenti ostili si inaspriscano nel suo cuore, potrebbe, metaforicamente parlando, lasciare spazio al Diavolo. Questo darebbe a Satana la possibilità di spingerlo a commettere un peccato grave (Sl 37:8). Inoltre chi continua a covare rabbia mina l’unità della congregazione facendo così il gioco del Diavolo (Gc 4:1, 7).

fabbricanti di tende Qui il termine greco skenopoiòs è usato in riferimento al mestiere di Paolo, Aquila e Priscilla. Varie ipotesi sono state avanzate sull’esatta attività indicata da questa parola (fabbricante di tende, tessitore di tappezzeria o cordaio); diversi studiosi, comunque, sostengono che “fabbricante di tende” sia il probabile significato del termine. L’apostolo Paolo era di Tarso, in Cilicia, zona famosa per il tessuto di pelo di capra (chiamato cilicium) con cui si facevano le tende (At 21:39). Gli ebrei del I secolo ritenevano dignitoso che un giovane imparasse un mestiere anche se avrebbe ricevuto un’istruzione superiore. È quindi possibile che Paolo avesse imparato a fabbricare tende da ragazzo. Quello non era un lavoro facile; per quanto si sa, di solito il cilicium era rigido e grezzo, e quindi difficile da tagliare e cucire.

non rubi più È probabile che le parole di Paolo abbiano avuto un impatto particolare sui lavoratori poveri che vivevano a Efeso. Alcuni di loro forse facevano lavori saltuari, stagionali, che non sempre bastavano a provvedere il necessario alla famiglia. La tentazione di rubare quindi poteva essere forte. Qui Paolo intende dire che i cristiani non devono rubare per nessun motivo; devono piuttosto lavorare sodo con le proprie mani (De 5:19; 1Ts 4:11). In precedenza Paolo aveva ricordato agli anziani di Efeso l’esempio che lui stesso aveva dato al riguardo (At 20:17, 34; vedi anche approfondimento ad At 18:3). Per i cristiani di Efeso applicare le sue parole implicava che avessero fiducia nella promessa di Cristo secondo cui Dio avrebbe provveduto alle loro necessità materiali (Mt 6:25-33).

condite con sale Le Scritture Greche Cristiane menzionano varie volte il sale, sia in senso letterale che in senso metaforico. Queste occorrenze permettono di capire cosa intende dire qui Paolo. (Vedi approfondimenti a Mt 5:13; Mr 9:50.) Sembra che Paolo si riferisca alla capacità del sale di esaltare il gusto del cibo, di insaporirlo e preservarlo. Sta quindi incoraggiando i cristiani a usare parole “condite” così da rendere il messaggio che portano più appetibile e da contribuire a preservare in vita coloro che lo ascoltano.

nessuna parola corrotta Il termine greco reso ‘corrotto’ può riferirsi a qualcosa di “marcio”, come frutta, pesce o carne in putrefazione (Mt 7:17, 18; 12:33; Lu 6:43). Qui descrive in maniera efficace un linguaggio immorale, offensivo o osceno, linguaggio che il cristiano dovrebbe evitare. Dovrebbe invece usare “parole buone che edifichino”, che “facciano bene a chi le ascolta” e che siano “condite con sale” (Col 4:6 e approfondimento).

verrà [...] darà Il soggetto sottinteso di questi verbi è “il soccorritore”, menzionato nel versetto precedente. (Vedi approfondimento a Gv 16:13.) Parlando dello spirito santo, che è una forza impersonale, come di un soccorritore, qui Gesù usò una figura retorica chiamata personificazione. Disse che questo soccorritore avrebbe ‘insegnato’, ‘reso testimonianza’, ‘dato prove convincenti’, ‘guidato’, ‘parlato’, ‘udito’ e ‘ricevuto’ (Gv 14:26; 15:26; 16:7-15). La personificazione è un modo di rappresentare cose impersonali o inanimate come se fossero vive. Come si evince dal contesto, lo spirito avrebbe dato al mondo prove convincenti in merito al peccato perché sarebbe stato evidente che il mondo non esercitava fede nel Figlio di Dio. Lo spirito avrebbe dato al mondo prove convincenti anche in merito alla giustizia perché l’ascensione di Gesù al cielo avrebbe dimostrato che era giusto. Inoltre lo spirito avrebbe mostrato perché Satana, “il governante di questo mondo”, merita un giudizio avverso (Gv 16:9-11). Il termine greco qui reso “dare prove convincenti” (elègcho) è anche reso “riprendere” (1Tm 5:20; Tit 1:9).

quello Sia nel v. 13 che nel v. 14, “quello” si riferisce al “soccorritore” di Gv 16:7. Gesù usò il termine “soccorritore” (che in greco è di genere maschile) come personificazione di una forza impersonale, lo spirito santo (espressione che in greco è di genere neutro). (Vedi approfondimento a Gv 14:16.)

cosa intende lo spirito Lett. “cosa conosce la mente (pensiero) dello spirito”, cioè dello spirito di Dio, la sua potenza in azione. Visto che è stato Dio a guidare gli scrittori della Bibbia con il suo spirito, conosce bene il significato dei pensieri ispirati che vi sono espressi. Ma qui Paolo spiega che Dio, essendo colui che esamina i cuori, sa anche quali pensieri scritturali parlano al posto dei suoi servitori terreni quando questi sono troppo sconvolti da non sapere per cosa pregare. È come se quei passi ispirati intercedessero per i santi di Dio, o supplicassero a loro favore (Ro 8:26). Il fatto che in questo versetto, parlando dello spirito, vengano usati il termine greco per “mente” e il verbo reso “intercedere” è un ulteriore esempio di personificazione dello spirito di Dio nelle Scritture. (Vedi approfondimento a Gv 14:16.)

il suo sigillo Nei tempi biblici il sigillo veniva usato come se fosse una firma per dimostrare possesso o autenticità, oppure per sottoscrivere un accordo. Nel caso dei cristiani unti, Dio ha simbolicamente posto su di loro il suo sigillo attraverso lo spirito santo per indicare che gli appartengono e che hanno la prospettiva di vivere in cielo (Ef 1:13, 14).

come garanzia di ciò che deve venire O “come caparra [“acconto”, “pegno”]”. Le tre occorrenze nelle Scritture Greche Cristiane del termine arrabòn hanno a che fare con l’unzione da parte di Dio con lo spirito, ovvero il suo spirito santo o potenza in azione (2Co 5:5; Ef 1:13, 14). Questa speciale funzione dello spirito santo è come una sorta di acconto di quello che accadrà. A motivo di questa garanzia i cristiani unti sono convinti della loro speranza. Il completo pagamento, ossia il saldo della ricompensa, comprende il fatto che si rivestiranno di un corpo celeste incorruttibile (2Co 5:1-5). Anche il dono dell’immortalità fa parte di questa ricompensa (1Co 15:48-54).

non rattristate lo spirito santo di Dio Il verbo greco per “rattristare” può anche essere tradotto “recare dolore”, “contristare”. Dicendo che lo spirito santo, una forza impersonale, può provare dolore proprio come una persona, Paolo usa una figura retorica chiamata personificazione. (Confronta approfondimenti a Gv 16:8, 13; Ro 8:27.) Dio usa il suo spirito santo per dare guida e forza ai suoi servitori. Lo spirito santo produce in loro belle qualità, cioè “il frutto dello spirito” (Gal 5:22-24). Coloro che non apprezzano lo spirito santo, che ne ostacolano l’operato e che agiscono in contrasto con i consigli della Bibbia ispirati dallo spirito lo stanno in effetti rattristando (Isa 63:10; At 7:51; Ef 4:17-29; 5:1-5).

un sigillo per il giorno della liberazione mediante riscatto I cristiani unti ricevono il sigillo dello spirito santo di Geova. Questo sigillo indica che gli appartengono e hanno la prospettiva di vivere in cielo. (Vedi approfondimenti a 2Co 1:22.)

Siate premurosi Nel versetto precedente Paolo ha elencato alcune caratteristiche negative. Ora, per fare un contrasto, esorta i cristiani di Efeso a manifestare qualità positive, come la premura, o benignità (Col 3:12, 13). Il verbo qui reso “siate” alla lettera si traduce “diventate”, il che potrebbe suggerire l’idea che quei cristiani avessero bisogno di migliorare nel mostrarsi premurosi.

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I dadi
I dadi

I dadi nella foto risalgono all’epoca romana. Questi nello specifico sono di avorio, ma potevano anche essere di osso o pietra. Quando in Ef 4:14 avvertì i cristiani di Efeso di non farsi ingannare dagli uomini, l’apostolo Paolo usò un’espressione greca che letteralmente si riferisce al gioco dei dadi; questo perché spesso chi giocava a dadi barava. Lì l’espressione è usata in senso figurato e può essere accuratamente resa “inganno degli uomini”.